TRASPIRAZIONE, EVAPORAZIONE E RISCALDAMENTO NEL VIGNETO
Negli ultimi anni, il clima ha acquisito sempre maggiore definizione con un periodo primaverile contraddistinto da un buon livello di precipitazioni (maggio), in cui l’attività di sviluppo dei germogli è intensa e poi l’estate, quando si stabilizzano temperature elevate e assenza di piogge.
- (Appassimento pressoché continuo nella giornata in un vigneto di Nebbiolo, reso particolarmente sensibile da una potatura verde massiva e irrazionale)
Alcuni temporali, magari anche intensi, non concorrono a rifornire in modo adeguato la risorsa idrica dei terreni. Segue quindi la carenza di acqua protratta magari per alcuni mesi.
Le sofferenze che si riscontrano nei vigneti sono evidenti con risvolti di danni alle piante e penalizzazioni per le produzioni, talvolta notevoli.
Al fine di porsi al riparo da simili eventi, alcuni accorgimenti colturali si rendono sempre più necessari. Il clima è certamente il principale responsabile, tuttavia, predisporre i vigneti per una minore suscettibilità dovrà divenire cura.
Il calore sulla vegetazione
Quando la temperatura supera determinati valori diviene dannosa a tutte le parti verdi delle piante e, in differente forma, anche ai grappoli quando sono in via di maturazione.
L’azione del calore può essere di due tipi: l’ustione diretta e la disidratazione dell’epidermide, cui segue la maggiore suscettibilità all’ustione fino alla morte.
È innanzitutto necessario sottolineare come la vegetazione delle piante e delle viti in particolare tenda sempre verso l’esterno, proprio per beneficiare maggiormente dell’irraggiamento solare e quindi della maggiore potenzialità fotosintetica. Gli organi verdi, quindi, che progressivamente si sviluppano esposti al sole, si formano già con una struttura atta a meglio resistere ai componenti dell’irraggiamento, tra cui anche il calore.
Sulle foglie esposte si forma uno strato ceroso che riveste l’epidermide, questo è più spesso rispetto a quello delle foglie cresciute all’interno del filare. Ciò le pone al riparo dall’ustione diretta da un lato e dall’altro dalla perdita troppo rapida di acqua quando non compensata dall’assimilazione radicale.
Foto 1: devitalizzazione dell’epidermide della foglia ad opera del calore.
Si nota il colore grigio e la perdita della capacità fotosintetica iniziale.
Foto 2: necrosi fogliare indotta dal calore.
Foto 3: effetti del calore su grappoli erbacei di Nebbiolo
Un pensiero è quindi volto alla gestione del verde, soprattutto alle sfogliature o sfemminellature troppo tardive e consistenti. Di pari importanza è conseguire nel tempo più breve la condizione adulta della maggior massa fogliare, in quanto la foglia in fase di sviluppo ed esposta al sole è, certamente per sua natura, meno sensibile all’ustione, ma la perdita di acqua dal fogliame giovane è maggiore, a discapito del bilancio e dell’equilibrio idrico all’interno di tutta la pianta.
Si può pertanto affermare che la resistenza all’azione del calore è in relazione all’acqua disponibile alla pianta e alla condizione fisiologica delle parti verdi esposte.
La traspirazione
La traspirazione è un fenomeno per il quale la foglia o anche gli organi verdi in generale cedono all’atmosfera una certa quantità di acqua proveniente dagli spazi interstiziali all’interno del tessuto. Questa perdita è continua, pur se variabile in quantità, essendo dipendente da più fattori.
Le foglie, infatti, riducono la loro potenzialità di traspirazione da quando iniziano a ridursi le aperture stomatiche (sorta di valvole naturali particolarmente specifiche sulle foglie che possono autoregolare la loro apertura). La traspirazione è quindi una funzione fisiologica regolatrice del bilancio idrico interno della pianta.
Tanto più il terreno è asciutto, tanto minore è la velocità con cui le radici possono rifornire di acqua le foglie. Quando all’interno delle foglie si definisce uno squilibrio tra la quantità traspirata e il rifornimento idrico, inizia a venir meno il turgore dei tessuti verdi; la chiusura degli stomi si contrappone alla diffusione nell’atmosfera del vapore acqueo dagli spazi interstiziali del mesofillo.
Un effetto importante della traspirazione è la sottrazione di calore dell’aria in quello strato a contatto della foglia, preservandola in parte dal surriscaldamento. È tuttavia un aspetto che trova limitazioni dalle circostanze ambientali. Riducendosi nel corso dell’estate la quantità di acqua disponibile e la velocità di assimilazione, ne consegue la minore traspirazione e resistenza all’azione del sole.
L’evaporazione
Subito dopo la precipitazione, l’evaporazione sottrae calore all’aria. Appena il terreno si asciuga, la temperatura dell’aria cresce e si riduce l’intensità della traspirazione.
Ridotta al minimo la traspirazione, vi è poi l’evaporazione passiva dai tessuti, cui in relazione alle condizioni ambientali e del vigneto ne potrà seguire l’appassimento.
D’estate, con temperature elevate e scarsa umidità dell’aria, l’evaporazione dell’acqua che proviene dal suolo e quella traspirata concorrono quale fenomeno fisico all’abbassamento della temperatura a contatto della vegetazione. Ciò non pone quest’ultima al riparo dalla perdita di acqua ma sicuramente è un aiuto per ridurre l’effetto delle ustioni.
Quando vi sono ostacoli fisici alla diffusione del vapore nell’atmosfera (disordine della vegetazione, copertura erbosa non curata) vi è una quantità di radiazione che si disperde come calore provocando un incremento della temperatura fogliare.
La massa di vegetazione dei filari può avere un ruolo rilevante nella resistenza alla diffusione del vapore. Al riguardo è importante sottolineare alcuni aspetti colturali:
- la corretta e uniforme densità della vegetazione a seguito di un corretto palizzamento
- la mobilità della massa fogliare
- palizzamento adeguato senza ammassi disordinati di vegetazione
- corretto diradamento della vegetazione all’interno delle reti antigrandine
- il taglio regolare dell’erba nei filari
- la pulizia al di sotto dei filari.
L’appassimento
Dopo la traspirazione, fenomeno fisiologico positivo, subentra l’appassimento, consistente nella progressiva perdita di acqua delle cellule attraverso la loro membrana. È questo un fenomeno perlopiù passivo, nel corso del quale l’eventuale quantità ancora traspirata è veramente minima.
Considerando con questo fenomeno la variazione di turgore delle cellule per il differente contenuto idrico, si osservano vari tipi di appassimento in relazione alle specie vegetali. Nel caso della vite, le foglie adulte solitamente non manifestano la perdita di consistenza del lembo, ma l’intero pampino si reclina. È tuttavia un segno di difficoltà legata all’approvvigionamento di acqua nei tessuti.
Quando una foglia è in appassimento, nonostante la chiusura degli stomi, essa continua a perdere acqua attraverso l’epidermide e lo strato cuticolare. Come già accennato, maggiore è lo spessore di quest’ultimo minore sarà la dispersione; la gestione colturale della vegetazione acquisisce così un ruolo determinante.
Foto 4: appassimento degli apici vegetativi all’inizio di luglio.
Foto 5: perdita di acqua su giovani viti di Chardonnay.
Manifestazione di una certa gravità essendo stata rilevata
nelle prime ore del giorno. Si nota la posizione verticale e parallela delle foglie.
Foto 6: appassimento temporaneo in un vigneto di Moscato.
E’ più evidente nella metà inferiore della spalliera, segno di
differente sensibilità in ragione della posizione sul tralcio.
A seguito di tutto ciò, cambia ovviamente la condizione fisiologica della foglia, la cui pressione di turgore è relativa al contenuto idrico della stessa. Dallo stato di turgore, con appena una riduzione interna dell’acqua del 15%, la pressione nelle cellule scende di 5 volte il valore normale.
Nel caso in cui le viti siano adattate a una buona presenza di acqua e subentrasse un periodo siccitoso, vi potrebbe essere il caso che le foglie inizialmente siano in sofferenza in corrispondenza della massima traspirazione per il fatto che le radici non riescono subito a fornire acqua per conservare il turgore cellulare. Detto squilibrio si potrà ridurre dopo un tempo relativamente breve, autoregolandosi i rapporti di traspirazione, evaporazione e acquisizione dell’acqua. Le foglie potranno riacquisire il turgore anche nelle ore più calde. Tuttavia con il protrarsi della siccità, il raggiungimento del turgore sarà sempre più lento, fino all’appassimento permanente al mattino.
Il turgore potrà quindi tornare solo con una nuova precipitazione apportatrice di acqua.
Se quest’ultima non ci fosse, la vegetazione diverrebbe sempre più esposta all’azione del calore.
Nonostante la ripresa di turgore, l’appassimento intenso, pur se temporaneo, può in ogni modo danneggiare le cellule di guardia degli stomi inibendone le potenzialità per la traspirazione futura. Nella stagione, parte della funzionalità del fogliame potrebbe così essere anche irrimediabilmente compromessa nonostante l’apparente ripresa di benessere.
È frequente che nel vigneto la ricchezza di vegetazione sia infine intesa come elemento di benessere, quindi la vegetazione ricca e vigorosa ne costituisca appagamento.
Ciò che appare non è tuttavia sempre positivo: viti di questo tipo, ancor più se lautamente concimate risultano essere assai più sensibili alle sofferenze indotte dall’appassimento e quindi anche maggiormente esposte all’azione negativa delle alte temperature.
La sensibilità al calore, la traspirazione e l’evaporazione sono quindi tre fenomeni differenti che tuttavia, avvalendosi delle medesime condizioni climatiche, trovano sinergia divenendo, sia direttamente o indirettamente, attori delle sofferenze estive nel vigneto.
Edoardo Monticelli