L’escoriosi della vite
Nota generica
Una malattia non troppo diffusa, ma può comparire in taluni vigneti e in alcune annate; insediarvisi e permanere negli anni successivi. Nota anche come necrosi corticale, si sta diffondendo maggiormente nel Nord Italia, anche favorita da temperature e precipitazioni particolarmente abbondanti nel periodo del germogliamento.
Il fungo responsabile (Phomopsis viticola) si annida con le sue forme svernanti sotto il ritidoma, oppure come micelio all’interno delle gemme alla base dei tralci.
Il ciclo biologico
Le infezioni possono succedersi nell’arco dell’intero periodo vegeto-produttivo, sebbene la massima suscettibilità riguarda la fase fenologica dei germogli nella prima fase di sviluppo (5-20 cm). Nel corso dell’estate, grazie alle temperature più elevate e alla minore piovosità, l’attività della malattia si riduce in misura consistente.
Tramandandosi da un’annata all’altra, il livello di epidemia è strettamente legato all’inoculo proveniente dalla precedente stagione e, in più, da primavere molto piovose con livelli di temperatura stazionari non troppo elevati.
In primavera, con un’umidità relativa elevata e la temperatura sui 20 °C, si liberano le spore che, trasportate dalla pioggia, infettano la nuova vegetazione, lunga appena pochi centimetri.
I sintomi
Circa venti giorni successivi, tendenzialmente all’inizio dell’estate compaiono i sintomi, consistenti in macchie necrotiche allungate, che poi si allargano e fessurano. La base dei germogli è la zona più colpita e le alterazioni possono essere intense e confluenti, tanto da occuparne interamente la superficie. I germogli non riescono più a svilupparsi, gli internodi rimangono corti. Il patimento della pianta è così evidente, sia diretto alle strutture vegetative sia per il più ridotto sviluppo della massa fotosintetizzante e quindi per il progressivo indebolimento delle singole piante.
Le gemme basali non germoglieranno più alterando così la produzione futura.
Sempre ai nodi basali, le foglie possono apparire deformate, con piccole bollosità e macchie necrotiche. Raramente sono colpiti gli acini, sebbene possibile.
Dopo un po’ di anni, a seguito del progressivo deperimento, può sopraggiungere la morte.
Nel corso dell’estate, si possono evidenziare sintomi anche sulle foglie, consistenti in piccole maculature nere alonate di giallo particolarmente presenti alla base del lembo e sulle nervature principali. Foglie molto colpite possono cadere e, in questi casi di maggiore gravità, anche gli acini possono essere interessati pesantemente: assumono una colorazione violacea e la buccia si ricopre di puntini neri concentrici che rappresentano la fruttificazione del fungo.
La prevenzione e la cura
L’individuazione delle piante colpite in precedenza può avvenire anche nel corso della potatura invernale. I tralci infettati sono biancastri, con un numero elevato di puntini scuri in rilievo che emergono dalla corteccia. Intorno alle gemme, si osservano imbrunimenti che si estendono in differenti misura fino agli internodi.
La difesa è articolata secondo due orientamenti: la prevenzione e la cura.
Per quanto concerne la prevenzione, acquisita una differente predisposizione ambientale derivante dalla tipologia del vigneto e dalle condizioni climatiche stagionali, appare importante non favorire la troppa vigoria delle piante, contenendo le distribuzioni di azoto.
L’eliminazione delle piante morte è inoltre un’opera volta a ridurre l’inoculo. Così come l’eliminazione delle piante ancora vive ma che conservano il patogeno e non evidenziano capacità di recupero sulla base dell’elevata condizione di decadimento.
I residui di potatura delle piante infette devono poi non permanere nel vigneto, non essere trinciati, ma asportati e bruciati.
Per quanto concerne invece la cura, questa avviene tramite l’applicazione di fitofarmaci di copertura. Molti di questi già presenti in abbinamento a specifici principi attivi antiperonosporici.
L’applicazione tuttavia consiste in un primo trattamento a gemma gonfia e punte verdi, seguito da un secondo con i getti lunghi circa 5-10 cm, possibilmente effettuati prima delle piogge. È infine buona prudenza prevedere un terzo intervento con principi attivi efficaci per questa patologia, in abbinamento con il primo trattamento contro la peronospora.
Alcuni autori, infine, consigliano il ripetuto impiego di zolfo bagnabile ad elevate concentrazioni. Quest’ultima pratica è inoltre applicabile negli orientamenti di difesa previsti con l’agricoltura biologica.