IL RECUPERO DELLE AREE ABBANDONATE

La sostenibilità del territorio

Molte aree dove un tempo oramai remoto vi erano boschi naturali, poi questi ultimi oggetto nel passato di abbattimenti notevoli, quando la legna da ardere era preziosa, non hanno avuto più le cure dovute e la loro successiva evoluzione non ha lasciato spazio al bosco di ricostituirsi nuovamente.

Il suolo fertile e l’inattesa nuova illuminazione sulla superficie del suolo hanno fatto sì che la vegetazione di colonizzazione potesse crescere con grande velocità, invadere tutti gli spazi e inibire lo sviluppo dell’eventuale novellame arboreo. Edera e liane hanno invaso anche la chioma delle piante in pieno sviluppo inducendone la sofferenza sempre più manifesta.

Il territorio delle Langhe è costituito da estensioni di vigneti alternate a dette aree disordinate non praticabili per la coltivazione.

Questo tipo di ambienti evidenzia riscontri negativi sotto i profili naturalistico, del paesaggio e anche per quanto concerne la viticoltura.

Da un lato, l’alternanza tra grandi estensioni di vigneti e spazi di colonizzazione arborea autoctona è sicuramente di grande beneficio sotto il profilo della biodiversità e dei microclimi che ne derivano. D’altro canto, l’ambiente pur se spontaneo, che però non ha seguito il naturale percorso evolutivo per la definizione del proprio equilibrio, risulta essere composto da poche specie invadenti che ne esprimono il grande disordine vegetativo.

È sicuramente opportuno che alle superfici coltivate si accompagnino spazi dove la natura possa manifestarsi con i propri equilibri. Questi spazi, tuttavia, dovrebbero essere stati da sempre lasciati alla spontaneità della natura stessa, senza alcun intervento da parte dell’uomo.

Dove il territorio è ampiamente dedito alla coltivazione, questi ambienti caratteristici per la loro origine sono ora pressoché inesistenti.

Esperienza di recupero di aree trascurate

Da oltre venti anni collaboro come agronomo con l’Az. Ascheri Matteo di Bra cui parte delle proprietà sono nel Comune di Verduno. In questo luogo, in prossimità dei vigneti, è presente un’area inaccessibile alla coltivazione per la pendenza e l’affioramento di grandi formazioni di cristalli di carbonato di calcio.

Nell’ambito aziendale, quindici anni or sono, è stata intrapresa un’opera di recupero ambientale, prevista in progressione negli anni, al fine della conservazione del territorio, delle sue particolarità biologiche e della reale biodiversità autoctona.

Sono stati previsti tre interventi scaglionati negli anni. Due hanno già avuto compimento.

Detti interventi sono consistiti in:

  1. identificazione e salvaguardia delle piante vive
  2. trinciatura di tutta la vegetazione sarmentosa presente (liane nella quasi totalità)
  3. eliminazione delle piante morte
  4. pulizia della superficie
  5. piantumazione di piante autoctone scelte in funzione della biodiversità e dell’ambiente pedoclimatico che ne è derivato.

Essendo l’irregolarità del suolo parte dell’eterogeneità ambientale e quindi un valore per gli equilibri della spontaneità, in quest’opera non è stato effettuato alcun spostamento di terra, non sono state rimosse le formazioni rocciose affioranti e neppure i vecchi ceppi delle piante cadute in precedenza. Anche sotto il profilo idrologico, è stato rispettato lo stato di fatto presente.

Oggi, interessante è valutare i risultati riferiti alle due differenti epoche.

L’immagine rappresentata dalla FOTO 1 è relativa al primo intervento risalente a quindici anni or sono.

Si osserva la colonizzazione erbacea monospecifica che esprime caratteri limitazionali consistenti della zona ipogea. Sono presenti perlopiù roverelle. Non è presente la parte arbustiva del sottobosco, sia perché a seguito di una ricostituzione è assai difficile ricostituirla come spontanea sia perché questi spazi richiedono annualmente opere di manutenzione.

Nella FOTO 2, circa cinque anni dopo, è maggiore la varietà di specie arboree, parte di esse sono state oggetto di piantumazione, la copertura erbosa è più varia e le formazioni rocciose di calcare affioranti sono state ricoperte dall’edera.

Terzo intervento e completamento del progetto

Oggi si è giunti al terzo capitolo di lavoro riguardante l’ultima parte di superficie da recuperare come bosco autoctono.

Trattandosi di una riconversione della condizione ambientale, l’avvio dell’opera è stato redatto un piccolo progetto tecnico, trasmesso quindi all’Amministrazione locale.

Nella FOTO 3 è illustrato il completamento, con l’opera di trinciatura della vegetazione sarmentosa di cui se ne intravede la presenza in secondo piano nell’area non oggetto del recupero.

È stato possibile conservare un certo numero di piante, sebbene in questa veduta l’intero volume sia occupato da vegetazione invadente e le piante che non hanno potuto svilupparsi fossero sotto di essa morte.

Terminata la pulizia del suolo, è prevista la piantumazione di piante arboree da trapiantare in vaso e quindi già con uno sviluppo che ne possa garantire la sopravvivenza.

Le specie che in questo caso saranno adottate sono: acero, ciliegio, sorbo, carpino, melo, pruno.

Successivamente alla piantumazione, l’impegno sarà nella cura delle giovani piante: irrigazione localizzata innanzitutto affinché l’apparato radicale ancora in superficie non soffra la siccità nei mesi caldi. Sarà poi indispensabile controllare con tagli ripetuti sull’intera superficie i ricacci di vegetazione delle parti di essenze colonizzatrici rimaste ovviamente nel sottosuolo.

Dal prossimo anno, la cura diverrà più ordinaria con il controllo periodico della copertura erbosa.

Edoardo Monticelli

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